Il prossimo 14 dicembre, il Comune di Palermo conferirà la cittadinanza onoraria al presidente curdo Abdullah Ocalan. Si tratta di un riconoscimento che suggella – anche dal punto di vista istituzionale – l’importanza dell’impegno profuso dal comitato Palermo solidale con il popolo curdo in circa un anno di attività di sensibilizzazione e controinformazione sulla causa del popolo curdo.
Quando ancora le violenze dello Stato islamico erano comunemente percepite come lontane manifestazioni di ferocia, consumate tra i sassi di deserti e villaggi del tutto sconosciuti ai più, questo comitato palermitano – formato da cittadini e militanti di diversa estrazione culturale e politica – è stato il primo in città ad affermare chiaramente quanto fosse importante, anche per noi europei, il sostegno al popolo curdo e alla sua resistenza contro l’oscurantismo fondamentalista dei tagliagole di Daesh. Palermo solidale con il popolo curdo si è subito preoccupata, infatti, di far conoscere a quante più persone possibili (studenti, docenti, operatori dell’informazione) l’eroica resistenza di Kobane e il carattere moderno, dirompente e innovativo delle formule di organizzazione sociale e rappresentanza politica che vengono sperimentate nei cantoni curdi del Rojava. Un esperimento che costituisce un antidoto alla ferocia autoritaria dei massacratori e dei terroristi. La causa del popolo curdo, meritevole di attenzione di per sé, perché storicamente legata alle istanze di autodeterminazione di questa gente contro le persecuzioni subite da Turchia, Siria, Iraq e Iran, non può più essere considerata un fatto che riguarda i soli curdi o il solo Medioriente. L’universalità del messaggio di pace, uguaglianza, solidarietà, democrazia diretta, rispetto dell’ambiente, portato avanti dalle forze progressiste curde deve trovare la più vasta eco possibile, specialmente quando si tratta di fare chiarezza sulle pesantissime responsabilità politiche e morali che hanno i paesi occidentali e i loro alleati nell’espansione e nel consolidamento del terrorismo che, oggi, si vorrebbe contrastare con le solite – e assolutamente perdenti – “soluzioni” militariste: affermare di voler combattere il terrorismo dichiarando nuove guerre (o vendendo armamenti al miglior offerente) è, infatti, una menzogna criminale che è già costata milioni di morti, e il disastro cui stiamo assistendo lo dimostra chiaramente.
In realtà, stiamo vivendo una nuova fase di questa strategia della tensione globale che è la guerra permanente iniziata nel 2001 con l’attentato alle Torri gemelle a New York. I risultati della famosa “guerra al terrorismo”, dopo quasi quindici anni, sono sotto gli occhi di tutti: più guerra e più terrorismo ovunque, adesso anche davanti al nostro uscio di casa. D’altra parte, la posta in gioco non è fatta né da presunte civiltà da difendere, né da religioni da propagandare. Molto più prosaicamente, in gioco ci sono il controllo di vasti territori, l’accaparramento di nuove risorse energetiche, la spartizione di aree di influenza. A essere stritolate sono sempre le persone comuni, siano esse frequentatori di un bistrot a Parigi o di un mercato a Baghdad, tutti indifferentemente vittime di queste atrocità.
Il caso ha voluto che la cittadinanza onoraria di Palermo sarà conferita a Ocalan lunedì 14 dicembre. Il comitato palermitano ha così deciso di organizzare una tre giorni di mobilitazione, a partire da un corteo che si terrà sabato 12 dicembre, anniversario della strage di stato di Piazza Fontana. Impossibile, infatti, non cogliere la tragica attualità di questa data, soprattutto alla luce dei recenti fatti di Suruc e Ankara, dove le bombe di stato hanno ucciso decine di militanti della sinistra turca e filocurda, per orientare con la paura e la violenza l’esito delle elezioni in favore del presidente Erdogan, quello stesso Erdogan che ha sempre favorito e coperto l’Isis.
La mobilitazione palermitana assume quindi una grande importanza proprio per demistificare le bugie che intossicano il dibattito pubblico internazionale. Abdullah Ocalan, infatti, sconta il carcere a vita perché considerato da Turchia, Usa e Unione europea un terrorista a capo di un’organizzazione altrettanto criminalizzata: il Pkk. Rendere omaggio a lui significa rendere omaggio a tutte le donne e a tutti gli uomini che in Kurdistan stanno realmente combattendo contro il vero terrorismo e contro i veri terroristi, per edificare una società più umana, più giusta, più libera.
Libert’Aria – Palermo